La più recente teoria del Profit From Innovation (PFI) interpreta la concorrenza secondo logiche economiche moderne. Competere permette alle imprese di sopravvivere ma queste per avere un vantaggio competitivo devono fare meglio delle altre e quindi innovare. Gli innovatori sono aziende che per prime hanno la capacità di commercializzare un nuovo prodotto o un nuovo processo sul mercato.
La teoria Schumpeteriana afferma che in un mercato perfettamente concorrenziale gli scarsi ricavi frenano gli investimenti delle aziende in R&S il che avvantaggia le grandi imprese monopolistiche ad avere gli strumenti per innovare e soprattutto per estrarne valore economico.
Che cos'è la PFI?
La più recente teoria del PFI, senza contraddire il pensiero Schumpeteriano, dimostra che il successo dell’innovazione non dipende tanto dalla struttura del mercato quanto da quella degli asset, dalle tempistiche di entrata nel nuovo settore, dalle scelte dal management aziendale, dalla capacità di affermare un design dominante, dal rapporto contrattuale esistente con le risorse complementari, dal posizionamento dei concorrenti o dal livello di protezione legale dell’innovazione.
Inoltre, cerca di spiegare perché non è scontato che a vincere la sfida dell’innovazione sia l’innovatore first mover.
Il first mover mantiene i suoi vantaggi nel tempo?
Uno studio condotto da Gerard J. Tellis e Peter N. Golder su 50 categorie di prodotti sin dalla loro nascita, infatti, dimostra che l’ordine di entrata in un settore non è condizione necessaria affinché un’impresa possa ottenere una leadership di mercato duratura, poiché quest’ultima è determinata da altri fattori chiave.
Di conseguenza essere primi sul mercato non significa diventare automaticamente leader. Grazie all’utilizzo del metodo storico per la conduzione della loro ricerca, gli autori hanno infatti dimostrato che il 47% dei pionieri falliscono mentre gli early followers hanno successo, riuscendo a catturare maggiori quote di mercato.
Quali sono i 5 fattori chiave per il successo secondo la PFI?
I due autori hanno individuato cinque fattori chiave per il successo, generalmente correlati tra loro e conformi alla teoria del PFI: l’orientamento al mercato di massa, la persistenza manageriale, l’impegno finanziario, l’innovazione inarrestabile e la leva finanziaria.
Tra questi indicati, merita particolare attenzione quello relativo appunto all’innovazione. La difesa di essa è un’operazione molto complessa e che, a seconda della tecnologia, può oscillare da brevi periodi di “lead time” (tempo trascorso tra l’innovazione e l’imitazione) ad un lungo lasso di tempo di strapotere tecnologico.
In realtà, data l’elevata interconnessione e il grado di sviluppo delle tecnologie, unite ad un miglioramento esponenziale delle comunicazioni negli ultimi dieci anni, il “lead time” tende sempre più verso un ridimensionamento continuo.
Quali sono gli strumenti per proteggere un'innovazione?
Essi sono essenzialmente tre:
- un elevato regime di appropriazione dell’innovazione,
- l’affermazione di un design dominante
- un adeguato controllo delle risorse complementari
Il primo è inteso come l’utilizzo di brevetti, marchi registrati e segreti industriali per catturare i profitti generati da un’innovazione; il secondo indica le caratteristiche tecnologiche chiave cui i concorrenti e gli innovatori devono aderire se sperano di ottenere un seguito significativo nel mercato, diventando così uno standard; infine, il terzo si riferisce alle risorse complementari relative a tutte quelle attività concrete diverse dall’innovazione ma necessarie per realizzarla e commercializzarla.
Cosa si intende per fase pre-paradigmatica e paradigmatica?
In ogni innovazione esiste una fase pre-paradigmatica e paradigmatica. Se l'innovatore arriva sul mercato nella fase pre-paradigmatica con un concetto di prodotto sano ma con un design sbagliato, un regime di appropriazione adeguato gli offrirà il tempo necessario per eseguire le prove atte ad ottenere il progetto giusto.
Ogni tecnologia si compone di conoscenze codificate, facilmente reperibili attraverso le pubblicazioni scientifiche o strumenti analoghi, e di conoscenze tacite che invece si sviluppano negli specifici ambiti produttivi delle imprese in questione.
Affinché questo know-how possa generare profitti, deve essere venduto o utilizzato in qualche modo sul mercato e in quasi tutti i casi, il successo delle attività di innovazione commerciale richiede che tale insieme di conoscenze sia utilizzato in combinazione con altre capacità o risorse complementari al fine di finanziare, produrre e commercializzare l’innovazione stessa (es. Xerox).
Questi asset complementari possono essere generici (attività a scopo generale e che non devono essere adattate all'innovazione in questione (es. PDF); specializzati (esiste una dipendenza unilaterale tra l'innovazione e l'attività complementare (es. “Rotary engine” di Mazda e cospecializzati (es. Linux).
Se l'innovatore possiede un brevetto si trova nella fase paradigmatica. Egli è quasi sicuro di tradurre la sua innovazione sul mercato per un certo valore e per un certo periodo di tempo. Anche se l'innovatore non possiede i beni complementari in questione, la protezione della proprietà intellettuale gli consentirà di avere il tempo necessario per potervi accedere. Tuttavia, non sempre la protezione dell’innovazione esiste o è sufficiente. Il problema per l’innovatore, quindi, è quello di individuare un’adeguata struttura per il controllo di questi asset complementari.
In generale, la scelta principale risiede nell’alternativa tra “make or buy”. L’esternalizzazione comporta un vantaggio principale: l’innovatore non dovrà investire capitale per produrre i fattori in questione ciò riduce il rischio e i costi.
Conclusioni
L’innovazione è sempre una sfida, e per vincerla sono necessarie strategie appositamente studiate e ponderate. L’errore più grande dell’innovatore è pensare che, per il fatto di aver corso più degli altri, abbia lasciato tutti indietro e abbia già raggiunto da solo il traguardo.
In concreto risulta come la minaccia dei follower imitatori e delle imprese collegate sia un elemento che non si può trascurare nell’architettura delle proprie scelte strategiche, soprattutto nei contesti attuali in cui i tempi delle sfide si accorciano sempre più e le regole del gioco cambiano da minuto a minuto.